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Se i numeri non rispecchiano le persone, sono solo numeri.

5 minuti di lettura | Mainak Mazumdar, Chief Data And Research Officer | Maggio 2022

Per l'industria dei media, il periodo tra marzo e maggio è il momento del go. Tra i numerosi eventi upfront che abbracciano il panorama dei media, non più vincolati a singole piattaforme e tecnologie, il mercato dei contenuti in espansione presenta una ricchezza di opportunità e un'enorme quantità di informazioni per gli acquirenti e i venditori di pubblicità, soprattutto nel contesto delle crescenti conversazioni sui big data per la misurazione. 

Per gli inserzionisti i numeri sono fondamentali in questo periodo dell'anno. E con la frammentazione del consumo televisivo e l'aumento dell'impegno digitale, assumono un'importanza ancora maggiore. Quanto importanti? Uno studio di Ampere Analysis ha rilevato che la spesa totale per i contenuti nel 2021 ammonta a circa 220 miliardi di dollari, guidata dalla potenza dello streaming Netflix. E gli inserzionisti, sapendo che l'anno scorso gli americani hanno trasmesso in streaming quasi 15 milioni di anni di video, si stanno mobilitando: la spesa pubblicitaria digitale a livello mondiale è aumentata di oltre il 29% nel 2021, superando i 491 miliardi di dollari. 

Inoltre, i consumatori non hanno intenzione di cambiare la traiettoria del settore dello streaming, visto che il 93% degli abbonati allo streaming dichiara di voler aumentare il proprio utilizzo nel corso del prossimo anno. Questo non significa, tuttavia, che i contenuti televisivi tradizionali siano fuori gioco. Al contrario, l'adulto medio trascorre più del doppio del tempo al giorno con la TV dal vivo che con i contenuti della TV connessa (CTV).

La crescente abbondanza di contenuti rappresenta una ricchezza crescente di scelta per i consumatori, ma la miriade di piattaforme, dispositivi e servizi può presentare sfide di misurazione per gli inserzionisti. Inoltre, l'esplosione della scelta non ha creato più tempo per impegnarsi con i contenuti, né ha creato più persone. Ma i big data, compresi quelli provenienti dalle smart TV (ACR) e dai decoder via cavo (RPD), suggeriscono il contrario. I dati provenienti dai decoder via cavo e dalle smart TV forniscono inoltre poche informazioni sull'attività di streaming: I decoder via cavo, per definizione, forniscono dati sulla TV tradizionale e l'ACR spesso si spegne quando il pubblico utilizza applicazioni native, tra cui Netflix.  

Oltre a non essere mai stati pensati per essere utilizzati per la misurazione, i big data non riflettono le persone reali. Non c'è dubbio sul valore di RPD e ACR, in quanto forniscono una scala di misurazione, ma i big data riflettono i dispositivi, non le persone reali. I dati da soli non sono in grado di dire chi guarda e chi no, il che è un'esigenza fondamentale per gli inserzionisti. E quando le persone vengono escluse dall'equazione, i conti non tornano.

Prendiamo ad esempio i dati ACR, che identificano le immagini sugli schermi delle smart TV. Questi dati possono essere molto utili per la misurazione dell'audience, ma da soli non fanno altro che identificare ciò che è presente su uno schermo. I dati RPD sono simili, ma non sono in grado di verificare che un televisore sia acceso. Ecco perché un quarto di tutte le impressioni dei set-top-box proviene da televisori che non sono nemmeno accesi.

Oltre a non sapere chi utilizza un dispositivo o uno schermo, i big data sono intrinsecamente parziali e la parzialità dipende dal tipo di dati. Affinché i big data rappresentino davvero la popolazione degli Stati Uniti, ogni famiglia televisiva dovrebbe avere lo stesso televisore e accedere alla programmazione attraverso lo stesso flusso di dati. Ecco perché tutti i set di big data devono essere calibrati con panel di persone che riflettano la diversità della popolazione statunitense.

È importante notare che la World Federation of Advertisers, l'Association of National Advertisers e le organizzazioni analoghe di oltre 30 altre nazioni hanno dichiarato all'unanimità che il futuro sistema di misurazione dell'audience per i media su schermo deve essere una combinazione di panel di qualità e big data.

Senza dati panel, la misurazione non coglie la diversità. Non solo sappiamo che tutte le famiglie televisive non accederanno mai agli stessi contenuti sugli stessi dispositivi, ma sappiamo anche che la composizione delle famiglie è tanto varia quanto il tessuto del Paese che le contiene. È qui che la misurazione basata sui big data manca il bersaglio, in modo significativo.

Ad esempio, gli ispanici rappresentano poco meno del 20% della popolazione statunitense, ma i big data sottovalutano in modo significativo questo pubblico, insieme a molti altri. Ma quando la misurazione si basa solo sull'RPD, le analisi Nielsen hanno rilevato una sottorappresentazione del 30% delle case ispaniche. Per mettere questo dato in prospettiva, si consideri questo: Il censimento statunitense del 2020 ha stabilito che la popolazione ispanica è di poco superiore ai 62 milioni. Se la metà di questa popolazione guarda la TV in un determinato momento e gli inserzionisti utilizzano i dati RPD per la misurazione, potrebbero raggiungere 9 milioni di persone in più di quelle di cui sono a conoscenza.

È importante notare che il 30% di sottorappresentazione è una media. A livello di programma, i big data possono sottorappresentare o sovrarappresentare con margini molto più ampi sia la popolazione generale che i pubblici diversi. Ad esempio, uno studio Nielsen sulle variazioni tra la misurazione dei big data e il suo standard di riferimento basato sui panel ha rilevato che la misurazione RPD sovrastimava del 69% le impressioni totali negli Stati Uniti per un programma di prima serata. In confronto, la misurazione ACR sottovalutava il totale del 12%. Per un evento sportivo, la misurazione RPD ha sottovalutato l'audience ispanica del 47%, mentre i dati ACR hanno sovrastimato la stessa audience del 12%.

Per gli inserzionisti, queste variazioni di misurazione possono essere costose. La crescente offerta di nuove fonti di dati, tuttavia, aggiunge complessità alla misurazione, soprattutto quando non sono collegate a persone reali. Gli editori e gli inserzionisti vorranno sempre la massima portata possibile, ma non senza il rigore analitico necessario per convalidarla.

Con la convergenza tra lineare e digitale, le fonti di big data sono input fondamentali per la misurazione. Ma non sono affidabili come fonti di misurazione da sole. Man mano che i consumatori si impegnano con più dispositivi e più canali, sarà facile puntare a dati che dichiarano un coinvolgimento potenzialmente gonfiato. Gli inserzionisti apprezzerebbero certamente le dimensioni dell'audience che molti pubblici alternativi suggeriscono, ma se posizionano i loro acquisti pubblicitari in base a questi numeri, alla fine pagheranno per numeri che non riflettono le persone reali.

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